Relazione di Laura Cesar al seminario "Dalla Cartella al Sistema Informativo Sociale".Strumenti di Innovazione per la Cittadinanza Sociale - Cavour 9 luglio 2010.
"Buongiorno, do il benvenuto a tutti voi che partecipate a questo seminario organizzato da CadmoInfor che ho avuto il piacere di conoscere due anni fa in occasione di una presentazione del lavoro fatto per la messa in opera del sito Socialwiki.it (ovvero una sorta di enciclopedia come Wikipedia), voluta e finanziata da alcuni Consorzi. Sito che mi ha fin da subito, creato molto interesse e entusiasmo per l'idea innovativa e le potenzialità di contenuti da sviluppare.
Ed è proprio su Socialwiki che ho trovato una definizione di uso sociale delle nuove tecnologie di Achille Ardigò del 1991: “per uso sociale delle nuove tecnologie (n.t.) intendo due temi distinti tra loro e insieme interconnessi:
a) la cosiddetta human centred technology, cioè la ricerca di un uso delle n.t. che consenta la promozione della condizione umana sia di chi lavora con n.t. sia di chi riceve gli impatti diretti e indiretti delle medesime. E' il tema altrimenti definito dell'impatto sociale delle n.t.;
b) l'impiego per scopi sociali delle n.t., con particolare riguardo ad almeno tre ambiti applicativi:
1) quello ai servizi di welfare state, verso speciali categorie di popolazione, a particolare rischio di malattia, di non autosufficienza, di depressione, che possono essere aiutate anche col ricorso a reti telecomunicative con supporti telematici a domicilio, per evitare il più possibile l’ospedalizzazione o l’istituzionalizzazione impropria. Specie di vecchi, handicappati seri, convalescenti o malati cronici soli;
2) quello relativo all'incrementazione delle opportunità istituzionali per i diritti all'informazione dei cittadini e di accesso ad atti, informazioni e comunicazioni con la pubblica amministrazione;
3) quello dell'accesso multimediale alle fonti culturali”
L’intervento che svolgo verterà proprio sul secondo punto ampliandolo anche ai diritti alla cittadinanza sociale e al ruolo che gli EE.GG. possono avere per lo sviluppo del Sistema Informativo dei Servizi Sociali.
Sono trascorsi quasi venti anni ma mi sembra che alcuni contenuti citati siano ancora validi riferimenti. Come sappiamo, infatti, il nostro cammino in questi ambiti è stato lento e faticoso, irto di difficoltà diverse. Ad esempio la visione dell’informatizzazione come un “obbligo informativo” piuttosto che un utile strumento di lavoro, oppure la difficoltà da parte degli operatori e decisori di cogliere l’importanza di monitorare l’attività per la corretta gestione e programmazione dei servizi. Per questo ritengo molto utile uno spazio per un confronto di esperienze sia per le criticità affrontate sia per i risultati positivi conseguiti. Entrambi questi aspetti tendono per lo più a rimanere "chiusi" nelle singole realtà operative.
Riesaminiamo ora le tappe di un percorso iniziato con fatica con il passaggio dalla cartella sociale cartacea alla cartella sociale informatizzata, per individuare poi quali evoluzioni sono in atto anche in realtà diverse dal Piemonte che possono però essere di riferimento. Ciò al fine di ipotizzare come gli Enti Gestori possano giocarsi un ruolo importante per la promozione di un Sistema informativo sociale anche in relazione al ruolo significativo che già molti Enti gestori hanno nella programmazione delle politiche sociali e non solo nella gestione dei servizi socio-assistenziali.
A proposito di passaggio alla cartella informatizzata il Cisis (Centro Interregionale per i Sistemi Informatici, geografici e Statistici- www.cisis.it) ha affermato che: "la cartella sociale, da sempre strumento professionale per eccellenza dell’assistente sociale, assume nella versione informatizzata un valore particolare poiché diviene uno dei componenti il sistema informativo di esercizio e di governo e può rappresentare uno strumento valido per rispondere alle mutate esigenze del settore.
Per “cartella sociale informatizzata” si intende uno strumento informatico atto alla raccolta ed elaborazione di dati degli utenti in carico ai servizi sociali”.
Sempre secondo il Cisis, le principali caratteristiche dello strumento informatizzato sono:
- raccogliere i dati relativi al lavoro sociale agevolando lo scambio tra i servizi
e l'integrazione tra l'area sociale, sanitaria e tutte le altre aree di lavoro
integrato (lavoro, scuola, …);
- fornire informazioni utili e utilizzabili a vari livelli (politico, dirigenziale,
operativo, amministrativo) per verificare e valutare gli interventi, monitorare
la spesa sociale e i carichi di lavoro;
- archiviare e storicizzare gli interventi effettuati, le prestazioni rese, per
mantenere memoria e valutare lo spostamento di percorso dei servizi;
- permettere l'unificazione del linguaggio professionale e la codifica degli
interventi e delle prestazioni per migliorare la qualità del lavoro e l'efficienza
dei servizi;
- essere facile da utilizzare e agevole da consultare”.
A queste caratteristiche vorrei aggiungere quella di essere filo conduttore per un progetto di aiuto che può essere realizzato da operatori di diverse professionalità e di coadiuvare la valutazione multidimensionale.
Con la costituzione dei Consorzi nel 1997 con la loro autonomia gestionale, si rende necessario il passaggio dalla cartella sociale al sistema informativo socio-assistenziale. Per il Consorzio per i servizi sociali alla persona che dirigevo, avevo individuato il raggiungimento di due obiettivi.
Il primo riguardava la gestione dei singoli utenti, ed esigeva la soddisfazione di diversi importanti requisiti:
1.1 Il disporre di uno strumento che aiuti l’operatore sociale a seguire una traccia, consolidata dall’esperienza, nel gestire i casi durante tutte le fasi d’intervento, dai contatti iniziali alla diagnosi sociale, al follow-up post dimissione.
1.2 Lo strumento deve offrire in ogni momento per ogni situazione il quadro degli interventi, anche storici.
1.3 Lo strumento deve facilitare lo svolgimento dei compiti quotidiani e l’archiviazione dei documenti.
1.4 I dati devono essere disponibili a livello di uffici decentrati, dove sono consultati e aggiornati in tempo reale.
1.5 I dati devono essere disponibili a livello di uffici centrali, come copia di sicurezza, anch’essa aggiornata in tempo reale.
1.6 Il sistema informativo deve includere le attività svolte da tutti gli operatori, come assistenti domiciliari, educatori professionali...
Il secondo obiettivo riguardava la gestione della casistica, utile a gruppi di lavoro, supervisione, verifica della ripartizione dei carichi di lavoro, verifica dell’attività svolta, verifica dell’andamento delle prestazioni in rapporto alle richieste e alle previsioni di bilancio e budget assegnati, e richiedeva la capacità di produrre rapporti di attività sotto svariate angolature e la possibilità di ricollegare le attività stesse alle voci di bilancio e di programmazione.
Successivamente l’articolo 21 della L.328/2000 ha disciplinato la costruzione di un Sistema Informativo dei Servizi Sociali.
Perché è necessario costruire un Sistema informativo dei Servizi Sociali inteso come un insieme finalizzato e organizzato dei processi atti a gestire informazioni? Può sembrare superfluo, ma ricordiamoci che il Sistema informativo è lo strumento a nostra disposizione per la programmazione, la gestione e la valutazione delle politiche sociali e in ultima analisi consente il confronto con la realtà.
Ma attenzione:”Molto spesso le informazioni disponibili non sono quelle desiderate, le informazioni desiderate non sono quelle necessarie, le informazioni necessarie non sono ricavabili dai dati esistenti”
(Bonfiglioli, 1986)
L’esperienza in Toscana prevede il passaggio dalla cartella sociale alla cartella informatizzata del cittadino per seguirne il percorso all’interno dei servizi e documentare i processi del lavoro sociale e socio-sanitario, riferiti ai percorsi assistenziali personalizzati e al lavoro di gruppo.
La cartella informatizzata del cittadino è costruita in funzione degli stessi obiettivi e risponde agli stessi requisiti della cartella sociale informatizzata, ma permette di seguire il cittadino nel soddisfacimento di bisogni sociali in senso ampio, inclusi quelli che non renderebbero il cittadino un “caso” e non giustificherebbero quindi l’apertura di una cartella sociale.
Anche nelle Marche la cartella sociale informatizzata SILS ovvero Sistema Informativo del lavoro sociale e socio-sanitario ha come obiettivo prioritario la raccolta e l'elaborazione di dati in modo condiviso, favorendo il processo di integrazione tra operatori e tra enti per la costruzione di risposte idonee ai bisogni del cittadino.
Il SILS costituisce uno strumento fondamentale di lavoro degli operatori, garantisce la qualità delle prestazioni e del lavoro, costituisce un valido supporto alla programmazione, gestione e valutazione. SILS è costituito da due moduli complementari utili sia alla gestione degli sportelli informativi sociali sia dei servizi sociali e socio-sanitari.
Credo che un’esperienza analoga sia in corso al CISS di Pinerolo con la cartella sociale on line collegata con la cartella utilizzata dal Punto Unitario di accesso ai servizi socio-sanitari. Ma di tutte le esperienze anche di integrazione di strumenti informativi sentiremo parlare nei prossimi interventi.
Mi è sembrata molto interessante anche l’esperienza della Provincia di Ascoli Piceno con il logo “Politiche sociali in rete – Informatizzare per rendere ogni servizio migliore” che con gli Ambiti Sociali e i Comuni ha creato una rete informatica per:
· facilitare l’accesso ai servizi sociali ai cittadini;
· integrare i servizi erogati ai cittadini da enti diversi;
· costruire una banca dati territoriale ad uso degli operatori.
E come prosegue il testo del comunicato stampa: “Politiche Sociali in Rete si caratterizza per non essere solo un modo aggiuntivo, più flessibile e più facile per erogare i servizi degli Enti e valutarne e monitorarne i loro risultati, ma rappresenta anche un risparmio per il cittadino e gli Enti oltre a essere una razionalizzazione delle risorse della Pubblica Amministrazione e permettere altresì di avvicinare e rendere più trasparente l’operato dell’amministrazione pubblica.
Si tratta di un primo indispensabile passo per instaurare una maggiore sinergia operativa tra gli enti in modo da non disperdere le azioni mirate alla soluzione dei singoli problemi. In altre parole, è un modo per mettere in connessione gli attori territoriali ed evitare che ognuno di essi adotti procedure singolarmente. La finalità è di attuare quella necessaria concertazione che migliori la qualità globale del servizio ed eviti inutili sprechi di risorse, rendendo più trasparente l’operato dell’amministrazione pubblica.
I vantaggi per il cittadino sono facilmente immaginabili.
L’informazione in tempo utile circa ogni iniziativa o novità importante , il rapido inserimento di ogni eventuale nuovo utente in un progetto operativo, la redazione di statistiche utili per mettere in evidenza le problematiche emergenti e proporre interventi efficaci, sono solo alcune delle caratteristiche di questo programma che andranno a beneficio della collettività”.
Ricordo tra gli altri obiettivi, perché mi pare particolarmente importante, quello di definire in modo più consapevole e trasparente la Carta dei Servizi offerti sia a livello di singolo comune, sia a livello di ATS, sia a livello Provinciale.
Queste esperienze sono coerenti con la legge 328/00, il piano sanitario nazionale, i piani sociali regionali che hanno introdotto una programmazione concertata e condivisa andando a proporre nuove modalità di sviluppo del lavoro sociale, di progettazione e gestione degli interventi.
La legge quadro 328/2000 sul “Sistema integrato di interventi e servizi sociali” reimposta e riorganizza pertanto i servizi sociali sul piano locale. (PdZ);Infatti la riforma ha sottolineato la necessità di:
· integrare il lavoro sociale con altri ambiti di intervento (sanità, lavoro, scuola, ambiente, urbanistica,…)
· programmare e pianificare l'attività in maniera trasversale e non più settoriale
· pianificare e gestire il lavoro sociale utilizzando strumenti informativi
· qualificare il lavoro sociale
e ha confermato l’universalità nell’accesso ai servizi, con priorità di risposta a favore delle fasce deboli (art. 2 L. 328/2000);
I Servizi sociali sono considerati come occasione di sviluppo locale: i Piani di Zona e i Piani di salute come strumento per concretizzare tale sviluppo.
Oltre alla normativa già citata, mi sembra utile ricordare il Piano Socio-sanitario 2007-10 della Regione Piemonte per collegare il tema della salute, inteso come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente come assenza di malattia. Questa concezione, fatta propria da tempo dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, rappresentava una vera e propria rivoluzione rispetto al paradigma esclusivamente sanitario, riferito alle professioni di forte tradizione e impatto sulla cittadinanza, quali quella medica e infermieristica, con il passaggio a un nuovo paradigma, che ricercava nell’integrazione tra sociale e sanitario la maggiore appropriatezza possibile degli interventi.
L’esperienza ci insegna come la mancanza di integrazione abbia prodotto frammentazione, sovrapposizione o assenza di risposte, spreco di risorse economico finanziarie e, sovente, malessere nelle persone coinvolte nel sistema dei servizi. A questo tema si connette la necessità e la responsabilità di ricomporre gli interventi erogati “a pezzi”, responsabilità che ora è delegata al cittadino.
L’esito di questo processo di delega al cittadino è la concreta e palpabile sfiducia che si respira nella relazione tra cittadino e istituzioni, proprio nell’ambito in cui il riconoscimento reciproco e la fiducia professionale sono ingredienti sostanziali per creare la relazione di aiuto, necessaria alla predisposizione di interventi efficaci.
Gli Enti Gestori delle funzioni socio assistenziali hanno accolto quindi con entusiasmo la frequente citazione del Piano Socio-Sanitario Regionale 2007-2010 in cui si considera l’Ente Gestore corresponsabile delle politiche socio sanitarie, della programmazione operativa, della valutazione dei servizi in merito alla qualità e all’efficacia. Questo coinvolgimento restituisce agli Enti Gestori la titolarità a partecipare a pieno titolo e con competenza alle opportunità previste per i processi di governance locale. Due esempi per tutti: al Comitato dei Sindaci di distretto, sono chiamati a partecipare il Presidente del Consorzio e il Direttore del Consorzio (Ente Gestore); il contributo dell’Ente Gestore alla definizione dei Piani di Salute (PEPS) previsti dal Piano Socio Sanitario in essere. Questa compartecipazione fra Enti, fin dalle fasi di programmazione e di rilevazione dei bisogni, garantisce al cittadino un approccio politico amministrativo ai problemi che contempli azioni trasversali di ricerca, di rilevazione, di prevenzione, di predisposizione di soluzioni riferite sia ad un welfare leggero che a interventi ad alta intensità assistenziale, ma consente di realizzare progetti integrati di salute in presenza di bisogni caratterizzati da elevata complessità sociale.
Il richiamo normativo alla naturale coincidenza dell’ambito territoriale del distretto sanitario con i Comuni consorziati per la programmazione e gestione dei servizi sociali alle persone conferma la necessaria costruzione di un modello integrato che aiuti operatori e cittadini a predisporre percorsi di cura sostenibili e realmente solutori dei bisogni espressi dal cittadino. La centralità della persona deve guidare l’accompagnamento all’accesso ai servizi e i progetti di intervento. La dimensione locale diventa l’osservatorio privilegiato, l’ambito di analisi e studio di soluzioni ai problemi, il contesto dove sviluppare identificazione sociale e professionale, il luogo in cui sostenere azioni strategiche di sviluppo della comunità.
Con queste premesse l’esperienza piemontese dei Consorzi socio-assistenziali, unica nel suo genere a livello italiano, si sviluppa in questi tredici anni garantendo la continuità dei servizi socio-assistenziali (…o “servizi sociali” quali servizi alla persona e alla comunità come sarebbe più corretto denominarli in base a quanto definito dal d.lgs. 112/98 e dalla Legge di riforma 328/2000) sul territorio regionale. Non solo quelli previsti dalla L.R. 1/2004, ma in molti casi assumendo competenze in ambito di politiche del lavoro, assistenza scolastica, e altri servizi delegati dai Comuni che riconoscono una capacità progettuale e gestionale di buon livello ai Consorzi.
I percorsi locali per la costruzione dei Piani di Zona hanno rappresentato un’occasione per coinvolgere più attivamente i Comuni e alcuni servizi delle ASL nelle politiche sociali e sanitarie di un territorio, rendendoli più partecipi alle scelte consortili e corresponsabili nella definizione e gestione del “Sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali” a fianco dei Consorzi.
Come ha osservato negli scorsi mesi il Prof. Girotti della Facoltà di Scienze Sociali - durante la presentazione della ricerca effettuata sui Piani di zona della Provincia di Torino -, gli EE.GG. che hanno svolto un ruolo di riferimento sostanziale nell’elaborazione del Piano, detengono un capitale di legittimazione e di competenze. Proprio questo capitale secondo me possono utilizzare anche per fare innovazione e investimenti per migliorare la qualità della vita e il ben-essere dei cittadini. E certamente la costruzione del secondo Piano di zona, finalizzato a dare risposta ai bisogni dei cittadini, rappresenta un’opportunità come dirò fra poco.
In Piemonte l’individuazione “…dell’ambito dei Comuni associati” della legge 328/2000 negli attuali Consorzi socio-assistenziali risponde sicuramente bene all’esigenza di proseguire e sviluppare l’esperienza della gestione associata. Tale modalità di gestione ha sempre prioritariamente promosso la solidarietà tra grandi e piccoli Comuni, anche come opportunità per portare avanti politiche sociali altrimenti non attivabili soprattutto dai piccoli Comuni.
Inoltre, l’approvazione del PSSR 2007-2010 e i successivi atti disposti dagli Assessorati al Welfare e alla Sanità hanno avviato un processo di integrazione e ricomposizione unitaria nella programmazione dei servizi sociali e sanitari sia a livello regionale che territoriale.
L’opportunità data agli Enti Gestori in questi ultimi anni è una vera e propria sfida, che se colta nella sua essenza, deve poter offrire ai cittadini garanzie rispetto a servizi ed interventi professionali di qualità, efficienti ed appropriati, nonché azioni di studio, ricerca e sperimentazioni per prevenire il disagio sociale espresso in forma collettiva o individuale.
E’ necessario quindi da una parte sperimentare metodologie e strumenti che incrementino nelle persone il senso del diritto di cittadinanza e la conseguente capacità di esigere i propri diritti, dall’altra elaborare strategie organizzative e formative che incrementino negli operatori che lavorano nei servizi socio sanitari, la volontà di qualificarsi adeguatamente per fronteggiare la complessità sociale.
Alla luce delle considerazioni fin qui svolte credo utile fare alcune proposte per l’attivazione di strumenti innovativi per il diritto di cittadinanza sociale nell’ambito di un Sistema Informativo dei Servizi Sociali rispetto a cui l’Ente gestore può giocarsi, come ho già detto, un ruolo di promozione e di riferimento. In particolare penso alla progressiva evoluzione della cartella sociale in cartella dei servizi sociali del cittadino, analogamente a quanto già sperimentato in altre regioni e alla costruzione a tappe della Carta dei servizi sociali e sanitari a partire dalle aree di maggiore integrazione degli interventi come ad esempio per gli anziani, i disabili.
Analizzo queste proposte inserendole in un contesto che ritengo adeguato attraverso l’uso di alcune diapositive
Diapositiva 7
La persona e la comunità
• Nella globalità dei suoi bisogni
• Nella comunità in cui vive
• Relazione tra qualità della vita e sviluppo di comunità
• Analisi della storia naturale dei bisogni (prevenire ulteriore formazione di bisogni)
Obiettivi
• Accessibilità dei servizi alla persona
• Migliorare la qualità della vita
• Favorire lo sviluppo delle comunità
• Politiche sociali integrate
Strumenti di base
• Cartella sociale integrata del cittadino: utilizzatori EEGG, Comuni, ASL., 3° settore (gestita in internet con tutta la modulistica)**
• Porte di accesso unitarie (servizi sociali, servizi socio-sanitari)
Strumenti
• Piani di zona e PePS
• Costruzione di un sistema di indicatori di outcome
• Realizzazione della carta dei servizi sociali
Diapositiva 7 (Note)
Il passaggio dalla cartella sociale alla cartella dei servizi sociali del cittadino (cartella sociale integrata) consente di:
- “Fotografare” gli aiuti attivati nell’ambito di competenze diverse;
- Utilizzare con equità le risorse;
- Visualizzare la “presa in carico” comunitaria;
- Determinare l’entità della spesa nelle politiche sociali “distribuita” tra più Enti
La sua realizzazione può essere un obiettivo trasversale del PdZ
Diapositiva 8
PIANO DI ZONA
CARTA DEI SERVIZI SOCIALI
ORIZZONTI APERTI SULLA CITTADINANZA SOCIALE
• Il percorso già sperimentato costituisce un patrimonio di competenze e di legittimazione che favorirà la costruzione del 2° PdZ
• Può essere gestita in internet non solo nella fase di elaborazione, ma costantemente nella fase di attuazione per la valutazione del raggiungimento degli obiettivi (trasparenza, coinvolgimento dei cittadini, efficienza)
• E’ utile creare i collegamenti con tutti gli attori coinvolti per realizzare un sistema di coordinamento delle attività previste con relativo monitoraggio economico e finanziario e quali - quantitativo dei dati
• La realizzazione della Carta dei Servizi Sociali (e sanitari) può essere un obiettivo strumentale “trasversale” del PdZ per favorire l’accesso ai servizi alla persona in una concezione universalistica che rende visibile la “rete” dei diritti sociali (cittadinanza sociale).
Diapositiva 9 (Note)
Art. 21 L. 328/00 (Sistema Informativo dei servizi sociali)
1. Lo Stato, le regioni, le province e i comuni istituiscono un sistema informativo dei servizi sociali per assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali, del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali e per disporre tempestivamente di dati e informazioni necessari alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali, per la promozione e l’attivazione di progetti europei, per il coordinamento con le strutture sanitarie, formative, con le politiche del lavoro e dell’occupazione.
La realizzazione di un SISS potrebbe diventare un obiettivo trasversale del PdZ